A cura di OptometriaOggi
Gli ultimi mesi, come ben sappiamo, sono stati caratterizzati da una rivoluzione della vita scolastica. Improvvisamente insegnanti e alunni di ogni ordine e grado si sono ritrovati catapultati in una realtà virtuale, fatta di monitor, invece che di lavagne e quaderni. Parlando con delle insegnanti di scuola media è emerso uno strano fenomeno per cui, in pieno lockdown, è aumentato il numero di bambini e ragazzi che portavano gli occhiali, fra l’altro in un periodo in cui i controlli della vista erano quasi completamente bloccati. Un approfondimento della questione ha portato a scoprire che si trattava di occhiali neutri acquistati online (in quel momento non c’erano molte alternative) per diminuire l’affaticamento visivo e proteggere dalla luce del monitor.
Su questo argomento è appena uscito un articolo su Ophthalmic and Physiological Optics che ancora una volta conclude affermando che non esiste alcuna base scientifica su cui raccomandare le lenti protettive per la luce blu per applicazioni indoor.
Già altri studi hanno mostrato che i livelli di luce provenienti da computer e schermi televisivi e dall’illuminazione domestica non rappresentano alcun rischio; tuttavia persiste la promozione di lenti per proteggersi da questo pericolo in queste circostanze e, in particolare, dalla luce emessa dai LED. Il presente studio conferma che, nelle tipiche condizioni di utilizzo di un computer o di un tablet, le dosi sono estremamente basse, e mostra anche che la dose blu non è effettivamente cambiata con il passaggio alla tecnologia LED.
Lo studio in questione utilizza un approccio molto interessante, basato sul concetto di dose, intesa come prodotto di intensità e durata. Se una sorgente è molto intensa, per esempio il sole, basterà poco tempo per arrivare ad una dose rischiosa, se una sorgente è poco intensa e poco estesa, come il monitor di uno smartphone, servirà un tempo di utilizzo enormemente più lungo per arrivare alla stessa dose cumulativa.
Le lenti protettive per la luce blu non sono necessarie con sorgenti a LED più di quanto non lo siano con altri metodi di illuminazione, come per esempio i neon. La fonte principale di luce blu è il sole e nessuna fonte luminosa interna ne eguaglia l’intensità.
L’utilizzo prolungato di dispositivi elettronici può indubbiamente causare affaticamento visivo, ma le cause sono altre e non risolvibili con l’acquisto di occhiali “protettivi”.
Fonte: Dain, SJ. The blue light dose from white light emitting diodes (LEDs) and other white light sources. Ophthalmic Physiol Opt 2020. https://doi.org/10.1111/opo.12713