A cura di OptometriaOggi
La crescente prevalenza della miopia ha portato negli ultimi anni a sviluppare una serie di interventi finalizzati a rallentare la crescita del bulbo oculare che è all’origine del difetto refrattivo. L’obiettivo principale è quello di contenere la miopia elevata (la miopia che supera -6.00D) che sembra portare ad un aumento delle disabilità visive per i rischi di condizioni patologiche associati all’allungamento assiale, soprattutto in età avanzata, come il distacco di retina, la maculopatia miopica, il glaucoma ad angolo aperto, la cataratta sottocapsulare posteriore.
Tra i metodi per rallentare la progressione della miopia si usa distinguere quelli farmacologici da quelli ottici, e in questi ultimi una differenza importante è tra quelli che utilizzano lenti a contatto o occhiali. Atropina, ortocheratologia, lenti a contatto morbide e occhiali con defocus miopico periferico sono stati valutati dalla ricerca scientifica e hanno mostrato una efficacia clinicamente significativa, che in pratica significa una riduzione superiore al 50% della progressione della miopia, la cui misura standard è ormai considerato l’aumento della lunghezza assiale del bulbo oculare.
Ma, come per i vaccini anti Covid da somministrare ai più giovani, ci dobbiamo necessariamente porre una domanda: queste procedure comportano dei rischi? E se sì, tali rischi sono inferiori o superiori ai rischi di patologie connesse all’allungamento assiale? Rispondere a questa domanda è essenziale: se infatti i rischi di eventi avversi connessi al trattamento fossero percentualmente superiori a quelli di incorrere in condizioni patologiche non facendo niente e lasciando che la miopia aumenti, dovremmo rivalutare le nostre strategie di intervento.
A questa domanda ha tentato di rispondere un gruppo di ricercatori di varie università, con uno studio i cui risultati sono apparsi recentemente su Ophthalmology. L’analisi utilizzata è assai complessa e qui ci limitiamo a riportarne alcuni risultati e le conclusioni principali.
Gli autori presentano prima una sintesi sui rischi legati al porto degli occhiali, all’uso dell’atropina e al porto di lenti a contatto, specialmente nei bambini. Su quest’ultimo argomento i professionisti sono particolarmente sensibili, in particolare per il rischio di cheratite batterica. Il tema è stato ultimamente trattato in molti lavori scientifici e abbiamo già riportato i risultati di due lavori (una review e uno studio retrospettivo) in un numero precedente di Optometria Oggi.
Le conclusioni dello studio sono che i potenziali benefici delle procedure di controllo della miopia superano di gran lunga i rischi. Basti pensare che ogni diottria di aumento della miopia porta ad un incremento del 57%, 20%, 21% e 30% del rischio, rispettivamente, di maculopatia miopica, glaucoma ad angolo aperto, cataratta sottocapsulare posteriore e distacco di retina.
Gli autori hanno anche calcolato il numero medio di anni di disabilità visiva, vissuti in età avanzata, dei pazienti con diverso grado di miopia. Come si può vedere dal grafico sottostante, tratto dallo studio, ogni aumento di una diottria di miopia porta ad un corrispondente aumento del rischio percentuale di avere una disabilità visiva e ad un aumento del numero di anni vissuti con tale minorazione. Trattare la miopia in giovane età (l’effetto è massimo se si inizia il trattamento immediatamente all’insorgere della miopia) sembra portare proporzionalmente a molti vantaggi in età avanzata, con una riduzione significativa degli anni medi di disabilità.
l grafico mostra il numero di anni e le percentuali di rischio di vivere con disabilità visiva in relazione all’entità della miopia sviluppata nella prima parte della vita.
Fonte:
M. A. Bullimore, E. R. Ritchey, S. Shah, N. Leveziel, R. R. A. Bourne, and D. I. Flitcroft, “The Risks and Benefits of Myopia Control,” Ophthalmology, pp. 1–19, 2021, doi: 10.1016/j.ophtha.2021.04.032.